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lunedì 22 dicembre 2014

Pensavo di salvarti #8



Ethan
Mi sento finalmente a mio agio con il calore del suo corpo vicino al mio. Ha la magia in quegli occhi questa ragazza, ogni volta che la vedo il cuore finalmente è in pace.
Non in subbuglio, non con le ali o frenetico. Il mio cuore, quando c’è lei, è in pace. Così tanto che nemmeno riesco a crederci e spezzo la magia parlando e dicendo le cose sbagliate.
Sono solo un ragazzo.
Vorrei tanto aver imparato a non nascondermi dietro a questa stupida e patetica scusa, ma finisce sempre così. Sono solo un ragazzo, sono un ragazzo, posso sbagliare e fingere di non avere conseguenze e responsabilità.
Dovrei chiederle scusa. Dovrei chiederle scusa di tante cose, ma resto in silenzio. La abbraccio e mi perdo nella mia serenità.
Sospiro e distolgo lo sguardo da lei, rischio di scottarmi se continuo. Non si gioca con il fuoco. Non si gioca con l’amore.
Una ragazza mora passa lì davanti con delle amiche. Ride, ride così forte e così vera che non riesco più a levarle gli occhi di dosso.
Mi ritrovo ad essere geloso di quella felicità, mi ritrovo geloso di non poterne fare parte.
Come un automa mi alzo e le vado incontro. Le sue amiche si zittiscono all’istante quando vedono che sto per raggiungerle.
Sento Juliet dietro di me, ferma immobile e impassibile. So che è diventata una maschera di ghiaccio. So che sto per farle male nuovamente ma qualcosa dentro di me è appena scoppiato.
Non ho idea di cosa sia. Sento il cuore accelerare il ritmo e le mani sudare. Sento una voglia che non credevo di poter possedere. Sento uno strano brivido alla spina dorsale.
Mi fermo davanti a lei senza presentarmi alle amiche e senza salutare. Tutto il locale sembra fermo. Non sento un rumore, non vedo colori. Vedo lei, lei che è diventata i miei colori, lei che è il sole che sorge la mattina.
Mi passo una mano fra i capelli e le porgo una mano.
- Ethan.
Lei non pare restare minimamente sbigottita, sorpresa o perlomeno incuriosita.
Non mi succede praticamente mai. E’ una cosa completamente nuova per me. Di solito le ragazze ridono e mi guardano quando passo loro affianco e questa invece mi squadra dall’alto al basso, senza restare colpita.
- Liz. Ma per te Elisabeth.
- Se non volevi che ti chiamassi Liz perché mi hai detto il tuo soprannome, Liz?
- I tipi come te non mi interessano.
- E sentiamo che tipo sarei io?
Freno un sorriso a malapena. Vorrei ridere. Ridere fino a piegarmi in due. A tutte interessano i tipi come me. Tutte sono pronte a vendersi l’anima per un bel faccino e lo farai anche tu Liz. Ma chi lo sa, forse per una volta me la venderò pure io l’anima.
- Uno che si fa le troiette e io non lo sono. Spiacente, siamo incompatibili.
- Spiacente eh.. beh Liz è stato un piacere conoscerti e sono sicuro che ci rivedremo ancora.
Mi piego per darle un bacio sulla guancia e mi arriva uno schiaffo.
Mi volto verso Juliet per vedere se sta ridendo e se si è rivista in Liz, visto che ogni volta che provo a toccarla mi arrivano sberle, ma lei è concentrata a guardare un ragazzo che sta bevendo al bar con Eddie. O magari sta guardando Eddie.
Una rabbia mi invade, quasi avessi tutto il corpo percorso da scosse elettriche.
- Te ne vai?!
Liz irritata mima le parole con la mano invitandomi ad andarmene.
Mi passo la mano sul labbro per controllare che sia tutto a posto e dopo un “ciao” appena mormorato mi incammino verso Juliet.
Dovrebbe guardare me, non altri ragazzi.
Dio, Juliet, non so più come fare con te.
Ti vorrei, vorrei urlare al mondo intero che tu sei mia e allo stesso tempo vorrei fuggire lontano.

domenica 2 novembre 2014

Pensavo di salvarti #7

Juliet
I battiti del cuore potrebbero farmi scoprire da quanto fanno rumore. È sempre così quando esco di nascosto. Ho paura. Paura che i miei se ne accorgano e mi dicano che li ho delusi ancora.
Eppure lo faccio. Eppure mi metto un vestito, le ballerine e copro il tutto con la maglia del pigiama. Mi metto sotto le coperte, rallento il respiro, chiudo gli occhi e aspetto. Aspetto che arrivi mia madre a rimboccarmi le coperte. Aspetto di sentire i suoi passi allontanarsi e la porta della sua camera chiudersi, per poi sgattaiolare fuori senza fare rumore, veloce e invisibile nella notte.
E questa notte la luna sembra più luminosa, più tondeggiante e vicina. Questa notte sarà diversa dalle altre.
Mi avvicino piano alla macchina di Ethan e lo vedo poco più in la a fumare. Senza dire nulla mi apre la portiera e mi fa sedere, poi gira intorno alla macchina e fa lo stesso, mettendosi al volante con la sigaretta ancora in bocca.
Mi guarda le gambe scoperte. Me le guarda per davvero, lentamente e famelico ma io ci metto le mani sopra quasi a voler interrompere la sua pregustazione.
Siamo solo amici.
- Ti sta bene il vestito.
Complimenti di circostanza che però quando escono dalle sue labbra sembrano più veri.
Si gira a guardare la strada e si immette nel traffico.
Ha il finestrino aperto, al quale si appoggia con un gomito per poter fumare senza lasciare tracce troppo forti dell’odore all’interno.
- Posso?
Gli indico la sigaretta e lui mi guarda scocciato. Odia quando fumo. Dice che è una cosa stupida e che non serve a nulla.
- E allora perché tu lo fai Eth?
- Perché mi rilassa.
La risposta evasiva è sempre stata il suo forte.
- Solo un tiro?
Senza dire nulla prende la sigaretta fra le dita e l’avvicina alle mie labbra, faccio per prenderla quando lui la scansa e mi guarda storto.
- Se te la do in mano non fai solo un tiro. O così o niente.
Mi piacerebbe ricordargli che non è mio padre, che non può dirmi cosa devo o non devo fare e soprattutto non deve trattarmi da bambina ma a cosa servirebbe?
Si metterebbe a ridere e riprenderebbe a fumare, fregandosene dei miei commenti.
Notando la mia resa riavvicina la sigaretta e io ci appoggio le labbra aspirando e poi soffio fuori tutto.
Non ho mai capito come facciano certe persone a dargli forma, a quel fumo. Mi sembra così libero. Libero come io non sarò mai.
Quando chiedono perché fai certe bravate con gli amici tutti rispondono per essere grandi e fighi. Io non l’ho mai fatto per questo. L’ho fatto per sentirmi libera dal mio corpo da bambina. L’ho fatto per liberarmi dall’amore. Peccato che non sia servito.
Sono ancora qui, con lui e con me. 

- Eth, che hai?
- Niente.
- Non è vero, Eth. Che ti succede stasera? Sei lì seduto mogio mogio da quando siamo arrivati!
- Non ho niente, Cristo. Lasciami in pace.
Mi alzo, infastidita dal suo tono e mi dirigo verso il bar. Ordino una vodka liscia e naturalmente nessuno mi chiede i documenti.
Ogni tanto vorrei che qualcuno si accorgesse di me e dei miei quindici anni.
Ehilà mondo, mi vedi? Sono qui, piccola e indifesa. Sono qui, a bere e fumare con un gruppo decisamente fuori dagli schemi.
Nessuno viene a salvarmi?
Nessun principe azzurro con un destriero bianco arriverà mai, vero?
Sospiro, sconsolata e butto giù tutta la vodka in un colpo solo. Dall’abitudine ha perfino smesso di farmi male la testa.
- Ehi, vacci piano con quella.
Eddie si avvicina a me e mi da un bacio sulla guancia.
Sbircio Ethan senza farmi notare e lo vedo irrigidirsi.
Sorrido al bel ragazzo che ho di fronte sfoderando la mia arma migliore.
- Lascia stare, sto alla grande. Tu invece? Non dovevi non venire stasera?
- Immagino che tu sia uscita con il consenso dei tuoi vero?
Alzo le spalle un po’ per fare la dura un po’ perché non voglio che si impicci degli affari miei.
- Qualche novità?
- Che genere di novità?
- Non saprei, il tuo amico non si è chiuso in bagno ancora con nessuna?
Mi guarda sorridendo e capendo di aver colto nel segno per infastidirmi e farmi arrabbiare il sorriso si allarga di più fino a diventare risata.
- Effettivamente non è in forma, ma scommetto dieci euro che se glielo chiedessi tu non si farebbe troppi problemi a trovare un posto per voi, non so se mi spiego…
- Ti spieghi benissimo Eddie, fidati.
Eddie impallidisce quando sente la voce di Ethan arrivare da dietro. Beccato.
- Chiariamo una cosa: non ti voglio vedere vicino a lei. Mi sono spiegato?!
- Non è mica la tua ragazza e non stavamo facendo nulla.
- Lei non devi nemmeno guardarla Eddie. Non è come voi.
- Come se non fossi un cretino drogato anche tu! Eth qua sei uno di quelli messi peggio, cazzo. Ancora non l’hai capito?
Ethan è arrabbiato, così arrabbiato che penso che potrebbe perfino colpire il suo amico davanti a tutta questa gente.
- Hai ragione, ma se le dai fastidio ti spacco il culo Eddie.
Eddie annuisce e anche se lui sembra non essere minimamente spaventato so che in fondo un po’ di paura ce l’ha.
Ethan, nelle risse, ha sempre vinto.
Mi prende sottobraccio e io appoggio il viso sul suo petto, felice.
Sono sempre felice quando lui mi stringe, anzi no. Dire che sono felice è riduttivo, sono in estasi.
Torniamo a sederci al tavolo sulle nostre poltroncine e Ethan mi stringe ancora di più al suo fianco ma improvvisamente scosta il collo e gira la testa di lato.
Una ragazza mora e bellissima sta passando davanti a noi proprio in quel momento.

Dio, Eth, finirai per uccidermi.

Pensavo di salvarti #6

Ethan
Mi annoio. Pura noia, mentre sono disteso sul letto.
Di chiamare una ragazza niente da fare, sono tutte a scuola.
Scuola. Magari potrei andarci.
Guardo l’orologio. Le undici. Troppo tardi e poi non è che mi vada così tanto. Starsene seduti immobili e ascoltare una lezione non è il mio forte.
E pensare che una volta avevo tutti otto e nove. Mi basta leggere e le cose mi entrano in testa senza nessuno sforzo, ma ora non leggo nemmeno più.
La vita è breve, bisogna godersela fino alla fine. Non c’è tempo per storia e matematica. Non c’è tempo per Leopardi e Newton. Non c’è tempo nemmeno per te stesso in realtà.
Il cappello è ancora sulla mia scrivania. Non riesco a resistere di più. Lo prendo e lo metto nuovamente dentro l’armadio.
Fa così male pensare a te, Ste. Così male.
Accendo il computer e controllo la posta elettronica. Messaggi di ragazze che nemmeno mi ricordo, messaggi di ragazze con cui ho fatto sesso e non hanno saputo far altro che lasciare indifferenti segni sul corpo.
Entro in Facebook e vedo messaggi pure li. Li cancello senza leggerli e poi passo offline in chat. Non vorrei che qualcuna mi scrivesse. Non sono dell’umore adatto.
Entro nella mia pagina, quella creata da poche ore e resto basito. Settantotto fan e undici commenti a ciò che ho scritto.
Ste; già mi stai simpatico.
Almeno uno sincero!
Gli stronzi attizzano!
Sono entrata qui per sbaglio, cavoli che parole ragazzo…
Lascio perdere il resto dei commenti e spengo tutto. È stata una cavolata. Non avrei mai dovuto aprire questa pagina.
Non smettere mai di scrivere Ethan.
Le parole di Ste mi arrivano alla mente, senza che io possa farci nulla.
Ti avevo promesso che non avrei smesso di scrive vero? Eppure non scrivo da quando te ne sei andato.
Prendo fuori il mio vecchio diario, tutto impolverato e ricoperto di foto, delle nostre foto, e inizio a leggere.

Piacere mi chiamo Ethan; e sono un cretino.
Diciannove anni di esistenza, nessun principio, troppe sigarette fumate e troppe vite consumate. Occhi scuri  e capelli neri, color cenere anzi. Magari domani me li coloro di blu, e mi metto anche le lenti a contatto. Ma non credi basti a cambiarmi. Nemmeno li facessi arancione diventerei qualcun altro, qualcuno di cui potersi fidare. Quindi i capelli e gli occhi li tengo così, e pure le magliette e i jeans che mia madre definisce stracci da duecento euro. Magari provo a cambiare dentro, a mettere la testa a posto. Oppure chiedo a Lei di cambiarmi, chiedo a lei di farmi rinascere. Le chiedo di andare in un’altra dimensione, in una in cui si possa abbandonare completamente a me, in una in cui non mi dispiaccia passeggiare tenendola per mano o piangere quando qualche mio amico mi delude. Ci andrei solo con lei, solo per lei, in quella dimensione.  Sapete una cosa? Ci vado ora a dirglielo. Vado sotto la sua finestra e le dico che sono già cambiato, che lei mi ha cambiato. Dopotutto sono qui a scrivere di lei. Varrà pur qualche credito extra; ma siamo ancora nella mia dimensione. Nella dimensione in cui non le direi mai davvero quanto vale. Nella dimensione in cui non le direi mai di aver scritto di lei.
Domani è un altro giorno. Domani forse cambio. Oggi me lo godo. Oggi sono ancora un cretino con solo diciannove anni alle spalle.

Ti spezzerò il cuore.
E pure l’anima e il corpo. Ti distruggerò fin dentro le cavità delle tue ali, angelo mio. Senza troppi problemi, senza troppe scommesse o domande. Solo con una nottata con me. Perché io al mattino non ci sarò. Approfitterò del tuo cuore che urla e me ne uscirò indisturbato. Senza lasciare biglietti o numeri di telefono. Senza nome e cognome. Senza raccontarti chi sono davvero.
E’ la cosa che so far meglio correre via. Ed è un po’ un dono perché se mi fermassi a tenerti fra la braccia potrei non avere il coraggio di vestirmi e chiudere la porta in silenzio. Potrei non avere il coraggio di non macchiare centomila foglietti di inchiostro tanto per essere sicuro che uno lo troverai. Li metterei attaccati ovunque, e ti scrivere il mio numero anche sul corpo. Con l’indelebile.
Ma io scappo, io corro lontano dalle tue nuove lacrime, lontano dalle mie, di lacrime. Lontano da chi potrei essere solo con un bacio sulla tua guancia. Lontano perché il mal d’amore mi terrorizza. Lontano perché l’elisir che potrebbe curarmi se mi ammalassi fino in fondo, lo devono ancora inventare, e il tempo che dovrebbe aiutare non è abbastanza come garanzia.
Corro e nemmeno so dove sto andando.
Corro via da me stesso e da quella camera.
Corro via da te, cuor mio.

Richiudo frettolosamente il diario e ricaccio dentro le lacrime. Sono tutte stupidate. Io non ho mai avuto talento. Io ho talento solo per deludere le persone.
Pensare che ci credevo pure. Ci credevo di poter diventare scrittore.

Allontano il diario spingendolo fino all’angolo della scrivania e mi posiziono davanti alla tastiera. Le dita sui tasti scorrono veloci e dopo tanto tempo mi libero, almeno un po’, e mi sento meno solo. Meno solo anche se lei è sempre con me.

sabato 18 ottobre 2014

Pensavo di salvarti #5

Juliet.
Mi lavo e vesto velocemente. Mi guardo allo specchio e delle occhiaie profonde mi cerchiano gli occhi. Che novità.
Provo a coprirle con un po’ di trucco ma come sempre non funziona.
Dannazione.
Esco salutando i miei con la testa bassa per non farmi vedere in faccia e prendo la bici. Pedalo forte anche se non sono in ritardo. Solo per la sensazione del vento fra i miei capelli.
Amo quando il vento ti solletica e accarezza. Mi fa sentire meno sola.
Non è che mi senta sola, solo dispersa credo. In un mondo che non ne vuole sapere di starmi ad ascoltare. Mi sento piccola e indifesa di fronte a tutto quello che mi circonda. Mi sento un’ombra con gli amici. La sua ombra. È lui quello sicuro di se. Quello forte. Quello figo. L’amico che tutti vorrebbero, l’amico che non conosce nessuno.
Ethan.
Prendo il cellulare e gli invio un messaggio, so già che non mi risponderà ma va bene così. Basta ricordarsi di dire va bene così e tutto va per il meglio.
Una volta arrivata a scuola entro in classe salutando i miei compagni che sono seduti sopra i banchi divisi in gruppi e metto giù il mio zaino.
Raggiungo Audrey, la mia amica del cuore, la quale appena mi vede, sospira.
- Quanto hai dormito stanotte?
- Non molto…
- Possibile che Ethan sia sempre da te? Che trovi qualcun altro che lo tira fuori dai guai! Juliet, tu la devi smettere di stare con quello. Non ti fa bene. Insomma, sei uno straccio tutte le mattine. Praticamente non dormi. Fumi e bevi e nonostante tu dica che non è vero, secondo me ogni tanto ti fai pure.
Audrey, il cui nome è da maschio per colpa di suo padre che non voleva assolutamente cambiare idea nonostante il sesso della figlia, è la mia migliore amica da un paio di anni. Ci siamo conosciute alle elementari ma poi alle medie ci siamo perse di vista, riscoprendoci uguali solo al liceo. Uguali è una parola grossa. Eravamo simili, fino a quando Ethan non ha iniziato ad andare in giro con la sua nuova compagnia e io mi ci sono buttata subito, senza pensare alle conseguenze solo per stargli vicina.
Si tratta di un gruppo di ragazzi quasi tutti sbandati e che non fanno altro che passare le serate in discoteca a rimorchiare, bere e drogarsi. Il proprietario li lascia fare perché non gli hanno mai creato problemi ed è amico del padre di uno di questi, Eddie. Un riccone assurdo che cerca di evadere dalla serietà e depressione del padre stesso combinando casini a tutto spiano. È l’unico che conosco bene in quella compagnia, Ethan non ama che vada in giro con loro. Dice che non è gente per me e cerca di lasciarmi a casa il più possibile. Ma si sa: le donne sono testarde, le donne innamorate ancor di più.
Audrey, o come preferisco chiamarla io Aud, non riesce proprio a capire ciò che provo per Ethan. Sarà che lei non è mai stata innamorata, sarà che lei ha una vita perfetta dalla quale non vuole evadere ma proprio non riesce a capire, nonostante le abbia ripetuto milioni di volte quanto lui sia importante per me.
- Lascia stare, Aud. Per favore, ho già litigato con lui questa mattina.
- E scommetto che alla fine lui ti ha sorriso e tu hi detto scusa è colpa mia.
La mia amica mi guarda, sapendo di aver ragione e io non posso darle torto. Annuisco, arrossendo per la mia ammissione e lei alza le braccia al cielo.
- Juliet, quando ti troverai un bravo ragazzo e deciderai di avere una super storia d’amore con lui tipo quella dei film? Insomma, non hai mai avuto un ragazzo per colpa di Ethan!
- Non è vero, c’è stato… c’è stato..
- Visto?
- James!
- Quello non vale, eri in seconda elementare e se non ricordo male Ethan l’ha picchiato quando al parco ti ha dato un bacio e tu sei scappata.
Un punto per lei.
- John!
- Due settimane e l’hai mollato perché era troppo noioso. Come fa ad essere noioso uno con una moto come la sua?
Rido e poi corrugo la fronte mentre penso a chi altro ci sia stato nella mia vita. Non mi viene in mente nessun nome.
- La verità Juliet è che tu sei cresciuta con l’idea di lui come un Dio. È logico che tu sia innamorata! Ma è stata tutta una manipolazione. Tu in realtà non lo ami.
Ma perché me lo ripetono tutti?
Le persone fanno presto a parlare, poi però il cuore che scalpita è il mio. Quello che brucia e pompa sangue malato di lui è il mio, non il loro.
Il suono della campanella mi salva dai continui borbottii di Audrey contro Ethan e io ringrazio silenziosamente chiunque me l’abbia mandata.

Dopotutto, senza di lei, a volte, non saprei come restare con i piedi a terra.

domenica 12 ottobre 2014

Pensavo di salvarti #4

Ethan

Credo di aver bisogno di un “da domani cambio”. Una di quelle frasi che ti fregano, ti prendono e ti fanno sperare in un futuro migliore. La verità è che per me, di futuro, non ce n’è mai stato uno. Possono dire quello che vogliono i giornalisti, gli psicologi, le madri degli altri ragazzi o anche i semplici spettatori della mia vita. Io non cambierò mai. Non verrò fuori dal mondo che mi circonda. Non uscirò dal sesso, dall’alcol, dagli spinelli con gli amici o dal fumo.
Semplicemente perché non voglio. A volte credo di meritarmelo, a volte senti il bisogno di farti del male. A volte quando commetti un errore pensi che un dolore più forte ti impedirà di farne altri e allora inizi ad auto infliggerti quel male. Quando te ne accorgi ci sei dentro fino al collo e non trovi la forza di uscirne.
Apro la porta di casa senza preoccuparmi di non far rumore. So che sta dormendo sul divano aspettando che io ritorni a casa.
Non appena entro lei si alza e mi guarda. Mi guarda con il suo solito sguardo, pieno di una pietà inaudita. Ha perfino smesso di prendermi a schiaffi o rimproverarmi.
Questo fa molto più male, leggergli negli occhi che razza di delusione sono per lei fa più male.
Sento dei piccoli passi scendere le scale e sorrido al piccolo ragazzino che sta scendendo. Me lo prendo in braccio e lo bacio tutto.
- Eth, dove sei andato?
Guardo negli occhi il mio fratellino e tutto torna ad essere normale. Il mio mondo rientra nei suoi schemi e quasi glielo dico.
Non preoccuparti, è l’ultima volta che ti faccio stare in pena.
Ma le labbra restano serrate.
Sono davvero un codardo.
Pensare che ci sono ragazzi e ragazze che vedono in me la perfezione per come mi vesto o per come faccio il cretino ovunque vada. Per le ragazze usa e getta. Per la scuola che va da culo. Per le droghe. Per le sigarette.
Dio, il mondo come può non vedermi mai per ciò che sono davvero?
Sono un attore così bravo?
Samuel scende dalle mie braccia e va in cucina a preparare lo zainetto per la scuola.
- Ethan, so che sei maggiorenne e che non ho il diritto di dirti qualcosa ma dove sei stato stanotte?
Cosa vuoi sapere davvero mamma? Vuoi sapere dov’ero o con chi e cosa è successo? Vuoi sapere se sono stato attento?
È l’unica regola che rispetto sempre sai? Io, un figlio, non lo voglio avere. Io, non saprò mai fare il padre. Non ho nessun esempio da seguire.
- Da Juliet.
- Ethan, sai che quella ragazza mi piace molto. È educata e sempre gentile e quando viene qui dà sempre una mano anche con tuo fratello ma sono preoccupata. È molto più giovane di te e i suoi genitori…
- Non ci vado a letto. So che ti interessa solo questo. Juliet e io siamo amici. Lo siamo da sempre quasi. Non intendo cambiare questa cosa e i suoi non sanno che ero da lei. Fine del discorso.
Mi incammino verso le scale e mia madre mi blocca prendendomi per una spalla.
- Ethan…
Le tolgo la mano dalla mia spalla e senza voltarmi verso di lei vado in camera mia.
È in momento come questi che ringrazio di avere le pareti insonorizzate e di poter urlare quanto voglio.
Il cellulare sulla scrivania si illumina.
Un messaggio.
Juliet.
Se non vieni a scuola ti vengo a prendere per i capelli.
Sorrido e non le rispondo.
Il mio sguardo cade sul computer spento e la connessione ad internet.
Penso a Juliet che mi ha parlato così tante volte del suo blog e di quanto ami scrivere. Della gente che conosce tramite ciò che scrive e di quanto sia bello essere qualcun altro anche se solo dentro un mondo virtuale.
Mi siedo e accendo il computer. Entro con la mia password e vado su Facebook.
Clicco su crea pagina e la prima cosa che mi viene chiesta è un nome.
Mi trovo in difficoltà già qui.
Digito Ethan e poi lo cancello.
Mi alzo e prendo il cappello che è nascosto dentro il mio armadio.
Ste, mi manchi così tanto.
Me lo rigiro fra le mani e poi decido.
Ste punto e virgola.
Crea pagina.
Sei sicuro?
Me lo chiede così questa schermata.
Sei sicuro?
No, per niente. Ma oggi ho voglia di fingermi migliore. Oggi invento il mio mondo. Oggi tengo fede ad una promessa.

Ste; sono io. Io con il punto e virgola perché mi hanno insegnato che alla fine ci va sempre il punto ma ancora non mi va di vederci una fine. Sono uno stronzo, un grandissimo stronzo. Uno di quelli che voi ragazze chiamate “il figo che se la tira”. E mi chiedo una cosa, se voi credete che io sia così vuoto, che mi diverta a spezzarvi il cuore perché venite a cercarmi, perché mi adorate come un Dio ed ogni volta che vi passo vicino voi e le vostre amiche fate i sorrisini e mettete in bella mostra le gambe o il culo e le tette? Volete che vi desideri e vi porti a letto come faccio con tutte le altre e poi appena finisce iniziate a piangere dicendo che se aveste saputo che io ero quel tipo non vi sareste mai lasciate ingannare. Si, certo!

Ste, questo è per te.

Spengo il computer e mi butto sul letto, pronto a dormire.

sabato 4 ottobre 2014

Pensavo di salvarti #3

Juliet
Mi sveglio di soprassalto, levandomi di dosso le mani di Ethan.
Merda, sono le sei.
- Ethan, svegliati.
Lo scrollo ma niente, lui continua a dormire russando senza fregarsene altamente di me.
Prendo un cuscino e glielo sbatto addosso.
Lui si sveglia subito cercando di mettere a fuoco la stanza.
- Buongiorno.
- Buongiorno un cavolo Eth, vattene ora. Non è possibile che ogni volta che combini qualcosa tu venga a nasconderti qui e poi alle sette si sveglino i miei e ti becchino in camera mia.
Sospira e si alza ma non riesce a reggersi in piedi e mi cade praticamente addosso.
Mi guarda negli occhi e inizia a baciarmi il collo piano temendo che gli arrivi uno schiaffo.
Gli arrivano molto spesso. Non può comportarsi così, o è solo un amico e tiene le mani apposto oppure finalmente la smette con questa agonia e mi dice quelle due parole.
Chiudo il pugno, pronta a fargli male ma lui inizia a mordicchiarmi un orecchio e io gemo senza potermi contenere.
Le sue braccia mi stringono e si infilano sotto la maglietta del pigiama.
Rabbrividisco.
- Smettila.
Eth si scosta subito.
- Come vuoi.
- Eth sai benissimo che vorrei ma..
- Non rincominciare Juliet. So bene come la pensi. Ma seriamente questo è tutto quello che posso offrirti.
- Stai parlando di sesso?
Eth mi guarda storto e prende la prima cosa che gli capita a tiro e la lancia contro il muro. Ho già assistito a questo troppe volte. Questa discussione finisce sempre così.
Respira, cercando di calmarsi. Mi guarda negli occhi e mi prende per le spalle.
- Credi che fra noi ci sia sesso Juliet? Dio, non ne posso più di questa discussione. Non ce la faccio più a sentirti dire cose del genere. Io non ti amo. E nemmeno tu ami me. Siamo amici e credo di non meritarmi parole così dure, quando hai bisogno io corro subito.
- Scusami… lo so e sai che lo stesso vale per me. Sai che farei qualunque cose per aiutarti ma come puoi dire che non ti amo? Cosa ne sai tu di quello che sento?!
Il suo sguardo si addolcisce e mi stringe forte al petto. Due piccole lacrime scendono piano dai miei occhi.
- Perché lo provo anch’io Juliet. Lo provo davvero. Lo sento questo incombente e pressante uragano che ti fa a brandelli l’anima quando l’altro sta male. Siamo un cuore unico ecco  perché non puoi amarmi. Non è amore piccola.
- Allora perché mi baci e poi dici che non è amore.
- Juliet..
- Ti prego, per una volta fammi capire.
- Ti voglio Juliet e lo sai anche tu. Ogni tanto non riesco a tenere le mani al loro posto e sbaglio. Ma so che tu me lo ricorderai sempre perciò sono tranquillo. La tua prima volta non deve essere con uno stronzo come me.
- No, hai ragione. Hai perfettamente ragione.
So di averlo ferito ma lui non dice nulla, non controbatte.
Lui non mi ama, non mi amerà mai.
Rimarrò sempre l’amica del cuore, la seconda scelta le sere che non può tornare a casa o stare con qualche ragazza.
- Devo andare ora.
- Forse è meglio, io ho scuola. E ce l’avresti anche tu.
- Lo so. Magari poi ci faccio un salto.
- Eth, dovresti smetterla di farci un salto e iniziare a impegnarti davvero. Vuoi perdere un altro anno?
Si slaccia dal mio abbraccio e mi guarda divertito.
- Sei proprio carina quando ti preoccupi per me.
Ride ancora.
- Ti preoccupi di un ragazzo di venti anni tu che ne hai quindici.
Sbuffo.
- Sono molto più matura io di te.
Mi rivolge un tenero sorriso, mi bacia la fronte e se ne va dalla finestra.
- Non esserne così certa piccola. Ci vediamo dopo.
Le sue parole mi arrivano distanti ma scuoto comunque la testa ridendo.
Eth, tu mi fai tornare il sorriso sempre.

Com’è possibile se questo non è amore?  

venerdì 26 settembre 2014

Pensavo di salvarti #2

Ethan
La testa gira, gira da morire. Dio, fa così male. Ma quanto ho bevuto? E la musica dov’è finita?
- Ethan? Ehi, Ethan stai male?
Ethan chi è?
Giusto, è il mio nome.
Ethan, ma che nome strano poi. Che l’abbia deciso lui o mia madre?
- Eth, ehi amico. Ti riporto a casa vieni.
Cerco di trovare la gola e poi la lingua per parlare. Non posso tornare messo così, c’è mio fratello a casa questa sera.
- Juliet.
Dico un nome solo, il primo che mi viene in mente. Dico un nome solo, l’unico che esce dalle mie labbra senza disprezzo. Dico un nome solo, perchè lei è l’unica che per me ci sarà sempre.
- Eth, sei sicuro? I suoi ti hanno già detto di starle lontano se non ricordo male. Finisci davvero nei casini sto giro.
- Juliet.
Non riesco a dire altro e spero che Eddie ascolti quello che sto cercando di dire. Devo andare da lei.
Eddie mi carica in macchina e mi da una mano ad arrivare fino alla finestra della sua stanza.
- Vai.
- Sicuro?
- Vai.
Inizio a picchiare piano sperando di non svegliare i suoi genitori ma quando vedo che non mi risponde batto più forte.
Mi appoggio alla parete per non cadere a terra e finalmente sento la sua voce. La sua voce. È così musicale. Così unica. È lei, come in tutti quei giorni d’estate di quando eravamo bambini.
Lei, che mi ha fatto fare un sorriso il giorno in cui lui se n’è andato via. Lei, che ringrazierò a vita per non farmi sentire una persona così pessima.
Non mi ricordo come ho fatto ad arrivare al letto, non mi ricordo nulla. Mi ricordo di lei che si sdraia accanto a me. Mi ricordo che le mie mani l’hanno trovata fin troppo facilmente e lei ha sospirato di piacere. Mi ricordo che l’ho baciata, come sempre. E come sempre ho finto di non ricordare, lei si accontenta anche solo di questo.
Lei mi ama.
Io non rovinerò tutto.
***
-Ethan smettila.
Uno schiaffo che arriva potente ma fa molto più male al cuore che alla guancia.
- Se n’è andato. Basta, calmati.
E poi un abbraccio. No, io non ci sto. Non dopo questo schiaffo, non dopo tutte queste bugie.
Papà ma dove sei andato? Perché non mi hai portato con te?
Le lacrime di un bambino. Le lacrime che non sono dovute ad un giocattolo o ad una ferita. Lacrime che lasciano solchi profondi nell’anima.
Corro, corro fino a non sentire aria nei polmoni. Corro perché voglio sentirmi la morte dentro. Corro perché spero di raggiungerti, ovunque tu sia.
Papà.
Papà.
Un passo, poi un altro.
Papà.
Urlo, urlo fuori tutto e poi le lacrime ancora. Lacrime, ma nessuno si ferma. Nessuno mi chiede nulla. Nessuno mi aiuta.
Papà sono solo senza di te.
Papà.
Papà.
Papà perché mi fai questo?
Perché?
Ti prego, farò il bravo.
Farò qualunque cosa ma torna, torna da me se non vuoi tornare per la mamma.
Torna per quel bambino che ha nella sua pancia.
Torna per venire a vedermi al campo da calcio.
Torna perché ho bisogno di te. Io non sono un uomo.
Mi siedo e non riesco a cacciare le lacrime dentro di nuovo.
Una bambina con un vestitino a fiori blu e bianco si ferma a guardarmi. Ha gli occhi marroni. Ha gli occhi strani, curiosi, tristi.
Senza motivo faccio un sorriso.
Un sorriso nel giorno più brutto di tutta la mia vita.

Un sorriso che le porgerò tutti i giorni, per pagare il mio debito.

domenica 21 settembre 2014

Pensavo di salvarti #1

Juliet
Buio. Credo siano le tre di notte ma sveglia segna la mezzanotte e non capisco se possa davvero essere così presto o se io sia ancora addormentata.
Sento un rumore provenire dalla finestra ma cerco di ignorarlo. Ho sonno e domani mattina c’è scuola.
Il rumore si fa più forte e finalmente capisco cosa possa essere.
- Va bene, va bene. Ti apro, piantala che se mi sentono i miei mi ammazzano.
Alzo le persiane e faccio entrate il mio barcollante amico.
- Ethan, che diavolo hai combinato questa volta?!
- Non urlare per favore.
- Sto sussurrando appena scemo. Quanto hai bevuto?
Alza la mano e scaccia via le mie parole.
Sospiro e lo aiuto ad arrivare al letto. Lui non fa nulla per aiutarmi e si butta giù sul letto di peso facendo cigolare le molle.
Se i miei mi sentono è la volta buona che mi uccidono.
- Grazie.
Strascica le parole e chiude gli occhi portandosi il braccio a coprirli.
- Eth, ti viene da vomitare? Vuoi che ti prenda qualcosa?
- Bene.. così.
- Sei sicuro?
- Sssi.
Sospiro ancora e maledico quel giorno in cui mio padre ha montato in giardino quella sottospecie di veranda che permette di raggiungere il mio balcone senza sforzarsi troppo.
Ethan inizia a dormire e lascia scivolare giù il braccio. Il suo respiro si fa regolare e il ciuffo nero si posa sopra gli occhi.
Gli sposto dolcemente il ciuffo e lo guardo dormire ascoltando il suono del suo respiro. È così bello.
Bello con quel sorriso che ha spezzato mille cuori, bello con il tatuaggio sul fianco, bello con gli occhi scuri e i capelli sempre per aria, bello con quell’aria da persona vissuta, bello con quelle mani che hanno toccato troppi corpi. Bello e dannato. Bello, il mio migliore amico è bello ma deve smetterla di farmi battere il cuore, smettere di fingere di non saperlo, smetterla con la vita che fa e nella quale da un po’ sono stata trascinata anche io.
Ti ho conosciuto troppo presto Eth, o forse troppo tardi.
Mi ricordo ancora quella mattina. Avevo sei anni e stavo giocando a nascondino con gli altri bambini al parco, ti ho visto piangere in una panchina e mi sono fermata a guardarti.
Tu continuavi a tenere la testa bassa e piangevi. Non c’era nessuno con te. Mi ricordo che mi ero sentita sola quanto te in quel momento. Ricordo uno per uno i singhiozzi.
Ricordo che mi trovarono subito a nascondino ma quando tu alzasti il viso e mi fissasti con quegli occhi color cenere dimenticai ogni cosa. Erano arrossati e avevi i capelli che te li coprivano.
Undici anni avevi, undici. Eppure quando mi vedesti li, capisti subito che veder piangere qualcuno mi faceva male e facesti un sorriso. Un sorriso bagnato.
Mi hai preso la mano e ti sei presentato.
Io sono corsa via, mi sono andata a nascondere dietro un albero e tu ti sei alzato e mi hai fatto ciao con la mano.
Quanti ciao con la mano mi hai fatto prima che io ritrovassi il coraggio di avvicinarmi a te Ethan? Quanti? Duecento, trecento? Quante volte sei venuto al parco a giocare a pallone con gli amici e nonostante tutto mi hai rivolto un sorriso?

La nostra amicizia è nata senza un senso eppure siamo ancora qui, insieme.

Scrittura creativa

Una pagina in cui divento io un po' scrittrice. 
La storia è stata inventata completamente da me, qualunque riferimento a cose o persone è puramente casuale.©
Alcune pagine sono state scritte con l'aiuto di un mio amico, ma la storia e l'ultima revisione sono mie.
Posterò(per quanto mi è possibile) un capitolo alla settimana, di domenica preferibilmente.
Fatemi sapere cosa ne pensate.





PENSAVO DI SALVARTI 
Juliet