domenica 12 ottobre 2014

Pensavo di salvarti #4

Ethan

Credo di aver bisogno di un “da domani cambio”. Una di quelle frasi che ti fregano, ti prendono e ti fanno sperare in un futuro migliore. La verità è che per me, di futuro, non ce n’è mai stato uno. Possono dire quello che vogliono i giornalisti, gli psicologi, le madri degli altri ragazzi o anche i semplici spettatori della mia vita. Io non cambierò mai. Non verrò fuori dal mondo che mi circonda. Non uscirò dal sesso, dall’alcol, dagli spinelli con gli amici o dal fumo.
Semplicemente perché non voglio. A volte credo di meritarmelo, a volte senti il bisogno di farti del male. A volte quando commetti un errore pensi che un dolore più forte ti impedirà di farne altri e allora inizi ad auto infliggerti quel male. Quando te ne accorgi ci sei dentro fino al collo e non trovi la forza di uscirne.
Apro la porta di casa senza preoccuparmi di non far rumore. So che sta dormendo sul divano aspettando che io ritorni a casa.
Non appena entro lei si alza e mi guarda. Mi guarda con il suo solito sguardo, pieno di una pietà inaudita. Ha perfino smesso di prendermi a schiaffi o rimproverarmi.
Questo fa molto più male, leggergli negli occhi che razza di delusione sono per lei fa più male.
Sento dei piccoli passi scendere le scale e sorrido al piccolo ragazzino che sta scendendo. Me lo prendo in braccio e lo bacio tutto.
- Eth, dove sei andato?
Guardo negli occhi il mio fratellino e tutto torna ad essere normale. Il mio mondo rientra nei suoi schemi e quasi glielo dico.
Non preoccuparti, è l’ultima volta che ti faccio stare in pena.
Ma le labbra restano serrate.
Sono davvero un codardo.
Pensare che ci sono ragazzi e ragazze che vedono in me la perfezione per come mi vesto o per come faccio il cretino ovunque vada. Per le ragazze usa e getta. Per la scuola che va da culo. Per le droghe. Per le sigarette.
Dio, il mondo come può non vedermi mai per ciò che sono davvero?
Sono un attore così bravo?
Samuel scende dalle mie braccia e va in cucina a preparare lo zainetto per la scuola.
- Ethan, so che sei maggiorenne e che non ho il diritto di dirti qualcosa ma dove sei stato stanotte?
Cosa vuoi sapere davvero mamma? Vuoi sapere dov’ero o con chi e cosa è successo? Vuoi sapere se sono stato attento?
È l’unica regola che rispetto sempre sai? Io, un figlio, non lo voglio avere. Io, non saprò mai fare il padre. Non ho nessun esempio da seguire.
- Da Juliet.
- Ethan, sai che quella ragazza mi piace molto. È educata e sempre gentile e quando viene qui dà sempre una mano anche con tuo fratello ma sono preoccupata. È molto più giovane di te e i suoi genitori…
- Non ci vado a letto. So che ti interessa solo questo. Juliet e io siamo amici. Lo siamo da sempre quasi. Non intendo cambiare questa cosa e i suoi non sanno che ero da lei. Fine del discorso.
Mi incammino verso le scale e mia madre mi blocca prendendomi per una spalla.
- Ethan…
Le tolgo la mano dalla mia spalla e senza voltarmi verso di lei vado in camera mia.
È in momento come questi che ringrazio di avere le pareti insonorizzate e di poter urlare quanto voglio.
Il cellulare sulla scrivania si illumina.
Un messaggio.
Juliet.
Se non vieni a scuola ti vengo a prendere per i capelli.
Sorrido e non le rispondo.
Il mio sguardo cade sul computer spento e la connessione ad internet.
Penso a Juliet che mi ha parlato così tante volte del suo blog e di quanto ami scrivere. Della gente che conosce tramite ciò che scrive e di quanto sia bello essere qualcun altro anche se solo dentro un mondo virtuale.
Mi siedo e accendo il computer. Entro con la mia password e vado su Facebook.
Clicco su crea pagina e la prima cosa che mi viene chiesta è un nome.
Mi trovo in difficoltà già qui.
Digito Ethan e poi lo cancello.
Mi alzo e prendo il cappello che è nascosto dentro il mio armadio.
Ste, mi manchi così tanto.
Me lo rigiro fra le mani e poi decido.
Ste punto e virgola.
Crea pagina.
Sei sicuro?
Me lo chiede così questa schermata.
Sei sicuro?
No, per niente. Ma oggi ho voglia di fingermi migliore. Oggi invento il mio mondo. Oggi tengo fede ad una promessa.

Ste; sono io. Io con il punto e virgola perché mi hanno insegnato che alla fine ci va sempre il punto ma ancora non mi va di vederci una fine. Sono uno stronzo, un grandissimo stronzo. Uno di quelli che voi ragazze chiamate “il figo che se la tira”. E mi chiedo una cosa, se voi credete che io sia così vuoto, che mi diverta a spezzarvi il cuore perché venite a cercarmi, perché mi adorate come un Dio ed ogni volta che vi passo vicino voi e le vostre amiche fate i sorrisini e mettete in bella mostra le gambe o il culo e le tette? Volete che vi desideri e vi porti a letto come faccio con tutte le altre e poi appena finisce iniziate a piangere dicendo che se aveste saputo che io ero quel tipo non vi sareste mai lasciate ingannare. Si, certo!

Ste, questo è per te.

Spengo il computer e mi butto sul letto, pronto a dormire.

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