domenica 18 gennaio 2015

Pensavo di salvarti #11



Juliet
-Juliet che cosa ci fai qui?
Mio fratello accende la luce della cucina e mi vede seduta a terra in lacrime. Se potessi guardarmi alo specchio ora potrei spaventarmi.
I capelli tutti in disordine, le lacrime che hanno portato la matita in giro per tutto il viso, i pantaloncini e la maglietta bagnati. Sono rannicchiata a terra e non riesco più ad alzarmi.
Mio fratello, Eric, si avvicina e mi scuote per le spalle. Non vedendo nessuna mia reazione si siede a terra con me e mi abbraccia.
- Hai fatto tu tutto quel baccano scricciolo?
Sorrido al suo buffo appellativo. Quando ero piccola odiavo che mi chiamasse così, ora invece mi piace da morire. Mi fa tornare a giornate calde d’estate. A quando giocavamo insieme prima che lui si arruolasse nell’esercito e passasse anni interi lontano da casa. Avevo paura che cambiasse facendo ciò che fa, che si dimenticasse di me e invece ogni volta che può viene a trovarmi. È il fratello migliore del mondo, uno di quelli che sono premurosi e allo stesso tempo protettivi. Uno di quelli che ti tirano fuori dai casini senza fare la spia ma sgridandoti alla grande prima di soffocarti con un abbraccio.
- Si, scusami.
Mi stringo forte a lui e chiudo gli occhi, cercando di fermare le lacrime.
- Eric, tu come fai ad essere sicuro d’amare Jennifer?
Jennifer è la sua ragazza da più di tre anni e nonostante la distanza la loro è una storia da film. Si sono conosciuti fra i banchi di scuola e so che lei aveva una cotta per mio fratello ma lui non la degnava di un’occhiata e poi un giorno, dopo la maturità, si sono ritrovati ad una festa e mio fratello non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Lui dice che è stato un’idiota a sprecare tutti quegli anni ma che forse è stato meglio così. Secondo lui, le persone si incontrano quando è il momento giusto. Arriverà mai un nostro momento Ethan?
- Che vuol dire come fai a sapere di amarla?- Eric mi guarda bonario e sorride – Juliet, te le senti dentro certe cose.
- Ma come fai ad esserne sicuro? Come puoi essere certo che l’amerai anche domani o è solo una cosa passeggera?
- L’amore è passeggero, Juls. L’amore può finire così come è iniziato ma non possiamo permetterci di pensare al domani. Bisogna ascoltare il cuore. Ed è una frase fatta e rifatta ma è vera. L’amore te lo senti dentro, senza alcuna ragione. Quando ti innamori non stai nemmeno a chiederti se è amore o meno. Lo sai.
- Credo di essere innamorata di Ethan.
Lo sussurro piano a lui che è la mia roccia, la mia forza, la mia metà. Lo sussurro piano a me stessa per paura che crollino le pareti.
- E’ una persona che ne ha passate tante, lo sai meglio di me. Prima il padre, poi Stefano. Ma Juls, se lo ami, se lo ami davvero glielo devi dire. Non è giusto per nessuno dei due fingere che non ci sia niente fra voi. Vi volete bene, è evidente a tutti, basta vedervi insieme, ma se i tuoi sentimenti sono cambiati dovete parlare.
- C’ho provato.- tentenno, indecisa se dire tutta la verità o tenermi dentro parte della storia – Ero con lui un minuto fa. Lui con me, non vuole parlare.
- E tu sorprendilo. Fagli capire che lo ami senza dover parlare.
Scuoto la testa decisa.
- E se lo perdessi?
- Certe persone non si perdono mai, Juliet. Mai.
Mi accarezza piano il braccio e sussulto. Eric allora, allarmato, mi guarda il braccio e vede il sangue.
- Ti ha messo le mani addosso?!- esclama furioso.
Gli faccio cenno di abbassare la voce, non voglio svegliare mamma e papà.
- Ma ti pare?! Credi che ne sarebbe capace?
Mi guarda negli occhi e leggo la risposta da me. Crede che potrebbe farmi del male.
- Vieni, andiamo a disinfettare questo taglio.
Mi prende per mano e prima che possa dire qualcosa mi aiuta ad alzarmi e mi trascina in bagno.
Mentre mi passa dolcemente un batuffolo di cotone sulla ferita non riesco a cancellarmi dalla mente l’immagine di Ethan in lacrime mentre mi racconta che Ste è morto.
-E ora cos’hai intenzione di fare?
-Continuerò a cercarlo.
-Eth lui è..
-Impossibile, gli angeli non muoiono.
Gli angeli non muoiono, avevi ragione Ethan, finchè continui a volergli bene, Stefano vivrà con te.
Il bruciore del braccio mi riscuote dai miei pensieri e vedo mio fratello mettermi un cerotto, tutto concentrato.
Rido mentre noto che è completamente impacciato.
Certe persone non puoi perderle.
Certe persone te le porti dentro, anche contro la tua volontà. Sei una di quelle Ethan.
Ha ragione Eric: basta giocare, siamo cresciuti ed è arrivato il momento di parlare di noi.
Mi butto sul divano mentre mio fratello armeggia in cucina per preparasi del latte. Ho ancora un paio d’ore per poter dormire ma ho la testa e il cuore in subbuglio e dubito che ci riuscirei. Faccio fatica a dormire ultimamente. Fra lo studio e le uscite con Ethan non mi resta il tempo per molto. Ho imparato a sentirmi riposata con quattro ore di sonno, assurdo vero?
Mio fratello, dice che a volte, quando fanno addestramento non dorme anche per due giorni di fila. Penso che io non sarei mai capace di farlo e non solo perché sono una donna. Lui è sempre stata una persona decisa, ha deciso che salverà il mondo e così sta facendo. Forse salvare il mondo è una parola grossa, soprattutto detta da una che non crede che la guerra possa portare a qualcosa ma lui, con il suo lavoro salva tanti innocenti. Io non riesco nemmeno a salvare il sorriso del mio migliore amico.
Sospiro e mi rigiro fra le coperte.
 Devo dormire. Devo almeno provarci. Chiudo gli occhi ma niente da fare, il sonno non arriva. Allora inizio a contare, ma nemmeno le pecore arriveranno a salvarmi questa sera, beh mattina ormai.
Mio fratello si siede sul divano con la tazza e mi guarda dolcemente.
- Non riesci a dormire tornado?
- No. Per niente.
Resta in silenzio, forse spera che finalmente chiuda gli occhi e dorma ora che c’è lui. Dopotutto quando eravamo bambini funzionava così. Quando avevo gli incubi correvo in camera sua e lo svegliavo. Mi ricordo che mi portavo via anche i miei peluche perché avevo paura che qualcuno rapisse uno di loro. Arrivavo in camera di Eric tutta agitata e lui si limitava a farmi spazio accanto a sé e a guardarmi finchè non mi fossi addormentata.
Non si è lamentato mai, mai una volta mi ha cacciata dicendo di crescere. Mai una volta mi ha riso in faccia dicendomi che i mostri non esistono. Si spostava di lato e mi aiutava a coprirmi e tutto andava bene.
Lo guardo attentamente e noto quanto sia cresciuto. I capelli biondi sono più lunghi del solito e gli cadono dolcemente da tutte le parti. La bocca e il naso piccoli ma perfettamente in proporzione con il suo viso. Le cicatrici vicino il mento, sulla destra, che invece di sfigurarlo lo rendono terribilmente sexy. Mio fratello doveva diventare un modello, non un soldato. Ma sono gli occhi che mi preoccupano maggiormente. Gli occhi marroni, no marrone è troppo banale. Ha gli occhi che sembrano due fuochi. E una volta non erano così. Una volta non aveva visto tutto ciò che gli passa davanti tutti i giorni, una volta riusciva a seguire un telegiornale senza emettere sospiri ansiosi pensando ai suoi amici in giro per il mondo.
- Sai cosa faccio per riuscire ad addormentarmi quando sono preoccupato?
La sua voce mi fa sussultare, ero così persa nei miei pensieri che mi ritrovo scombussolata a sentirlo parlare.
- Cosa fai? Corri in camera di tuo fratello con tutti i peluche?
Sorride a quei bei ricordi e scuote la testa, felice.
- Penso a te.
- A me?
- Si, a te e a volte a Jennifer. Ma pensare a lei lontana mi fa stare anche tanto male perché è da sola, tu invece so che sei sempre con i tuoi amici e non sei triste.
Una fitta acuta di gelosia mi tocca il cuore ma la scaccio, mio fratello non si merita la mia gelosia. Non sarebbe giusto dopo ciò che ha sempre fatto per me.
- Perché pensare a me ti fa addormentare? Non pensavo di essere così noiosa, cavolo Eric avresti dovuto dirmelo.
Eric ride piano, muovendo appena le labbra e chiude un po’ gli occhi per non rischiare di ridere troppo forte e svegliare mamma e papà.
- Non sei noiosa sciocca, solo…- muove la testa verso destra e poi verso sinistra, cercando le parole- mi fa sentire a casa pensare a te, e se sono a casa posso dormire tranquillo non trovi?
- si, hai ragione.
Sorrido della sua buffa logica e mi metto a pancia in giù, pensando intensamente a lui ma non succede nulla. Non riesco ancora a dormire.
Eric si alza, attento a non rovesciare il tè e poi mentre credo che stia per tornarsene in camera senza nemmeno salutarmi si gira verso di me e mi manda un bacio. Un attimo dopo le sue parole mi colpiscono come una fucilata.
- Ognuno ha la sua casa, Juls. Non puoi rinchiudere il cuore.
Cosa stai cercando di dirmi Eric?
Chiudo gli occhi e penso a Ethan, al suo sorriso, alle sue strane abitudini, ai suoi abbracci e senza accorgermene sto sognando.

mercoledì 7 gennaio 2015

Pensavo di salvarti #10



Ethan
Sbatto la portiera dell’auto e inizio a tirare calci alla gomma. Ma perché la vita dev’essere così dura? Cazzo, Ste, dove sei finito tu? Senza di te non ce la faccio. Non ce la faccio, capito?
Entro in casa veloce. Mollando le chiavi dove capitano, che finiscono sul tavolo e fanno rumore. Sento qualcosa muoversi sul divano e mi avvicino piano e incerto. Credevo che stasera non ci sarebbe stata mia madre.
Samuel si rigira fra le coperte e si stropiccia i suoi piccoli occhi prima di sbadigliare il mio nome.
- Sam, ma sei solo?
Samuel annuisce ancora addormentato. Credevo che questa sera sarebbe andato al lavoro con mia madre, non ho pensato nemmeno per un secondo che fosse solo altrimenti non sarei uscito.
Gli accarezzo dolcemente i ciuffi neri dei capelli che gli ricadono sul viso. E’ così bello. Ha le fossette tipiche dei bambini e dei dentini piccoli che quando sorride si vedono appena. Le guanciotte rosse perennemente e due occhi azzurri che secondo me sono il colore del paradiso. Credo che mio fratello sia una delle poche cose belle nella mia vita.
Sam mi si accoccola vicino e si rimette a dormire. Lo prendo in braccio tenendolo al caldo sotto la coperta e salgo le scale con calma, attento a non svegliarlo ancora.
Il mio angelo.
Vado verso la sua camera ma prima di entrare cambio idea e mi dirigo verso la camera di mia madre. Alzo le coperte, sempre con Samuel in braccio, e lo metto delicatamente nel lettone.
Lui sospira contento e quel suono è meglio di tutti i grazie del mondo.
Vado in camera mia, mi levo i vestiti in fretta e faccio una doccia il più velocemente possibile. Ora che sono solo le immagini del sangue tornano a tormentarmi. Possibile che non riesca a vedere una goccia di sangue senza sentire i conati di vomito?
Spengo l’acqua e mi appoggio alla doccia, restando immobile ad ascoltare le goccioline che scendono dal mio corpo lentamente.
Sono stanco. Stanco di pensare, stanco di agire, stanco di tutto.
Indosso un paio di boxer e raggiungo mio fratello in camera di mia madre. Mi sistemo sotto le coperte e lui, sentendomi vicino, si appoggia al mio petto e mi stringe con la manina. Chiudo gli occhi e per la prima volta dopo tanto tempo, non ho incubi.
Mia madre ci trova abbracciati sul suo letto quando ritorna e sono sicuro di aver sentito le sue labbra posarsi sulla mia fronte.
Alle sette e un quarto la sveglia si mette fastidiosamente a suonare e mi ci vogliono parecchie manate al comodino per capire che non sono nella mia stanza e che la mia sveglia è al di là del corridoio. Ma quando ho preso un respiro e sono pronto ad alzarmi la sveglia smette di suonare. Mi alzo e vado verso camera mia scoprendoci dentro mia madre intenta ad osservare la sveglia.
- Te l’ha regalata Juliet questa vero?
Mi sorride, mia madre mi sta sorridendo.
- Si, qualche anno fa. E’.. beh è praticamente rotta. Suona quando vuole ma non voglio ancora buttarla.
Continua a sorridermi e io arrossisco in imbarazzo. Non so cosa dire, è parecchio che non parliamo o anche semplicemente che ci proviamo.
Poi noto il segno delle occhiaie sul suo viso e mi rendo conto che lei deve essere stanca dopo aver passato tutta la notte in ambulatorio. È un bravo medico, una brava madre, ma da quanto ho visto fino ad ora non riesce ad essere entrambe.
Se scegli di fare della tua vita il tuo lavoro, non importa per quale motivo, non dovresti avere figli.
Ho sempre pensato che sia meglio una creatura al mondo in meno che una creatura infelice in più. Eppure, eppure sono contento che dopo l’errore, cioè io, mi abbia regalato Samuel.
- Mamma, vai a riposarti, devi essere distrutta.
- Non è niente Ethan. So che magari hai da fare le tue cose ma visto che oggi sono a casa pensavo che magari potevamo..
- Non devi parlare con me, mamma. Stai con Samuel, lui ha bisogno di te, non io.
Mamma, sono un bugiardo. Lo vorrei anch’io un tuo abbraccio ma non riesco a perdonarti. Non riesco a perdonarti le tue continue assenze, le tue scuse, le tue promesse infrante.
Non mi hai mai portato alle giostre, non sei mai andata a parlare con i miei insegnanti se non quando ti chiamavano, non hai mai.. non hai mai messo me davanti a tutto.
- Ethan, per favore…
Gli occhi le si riempiono di lacrime e il labbro le trema un po’. Le nasce una piccola rughetta intorno all’occhi sinistro e abbassa lo sguardo quando la sua voce si spegne da sola.
Impacciato, mi avvicino e la abbraccio. Mi fa strano, mi fa sentire in pace e allo stesso tempo all’inferno, sento un fuoco dentro. Non ho idea di come si fa ad abbracciare una madre ma penso che se la tengo stretta tanto basta. Le sue mani si aggrappano a me e credo che se potesse non mi lascerebbe più andare. Ma è solo un momento, poi ritorna l’Ethan freddo e distaccato, poi ritorna l’Ethan razionale. Mi stacco da lei, dolce ma deciso e in un soffio le dico:
- Porta al parco Samuel.
Esco dalla camera, prendo i pantaloni e la maglia che avevo lasciato in camera di Samuel qualche giorno prima e li infilo veloce. Scendo le scale due a due, cerco fra le cavolate in frigo un po’ di latte e lo bevo direttamente dalla bottiglia. Afferro le chiavi dalla tavola e me ne vado.
Vado a fare un giro, in nessun posto preciso. Ma quando mi volto e vedo la casa gialla in fondo alla via spiccare fra tutte le altre, decido che l’unico posto dove voglio stare è con te, Ste.
Entro in macchina e guido senza prestare troppa attenzione al limite di velocità, nella vita ci sono tante cose che uccidono. Nella vita se si rispettano i limiti si morirà con rimpianti.
Parcheggio all’ombra e scavalco il cancello in ferro chiuso, un attimo dopo mi ritrovo davanti a te.
- Ciao, Stefano.
Tocco la tua foto attaccata alla lapide e sorrido, pronto ad una bella chiacchierata.
Ogni tanto degnati di rispondermi amico.