venerdì 26 settembre 2014

Pensavo di salvarti #2

Ethan
La testa gira, gira da morire. Dio, fa così male. Ma quanto ho bevuto? E la musica dov’è finita?
- Ethan? Ehi, Ethan stai male?
Ethan chi è?
Giusto, è il mio nome.
Ethan, ma che nome strano poi. Che l’abbia deciso lui o mia madre?
- Eth, ehi amico. Ti riporto a casa vieni.
Cerco di trovare la gola e poi la lingua per parlare. Non posso tornare messo così, c’è mio fratello a casa questa sera.
- Juliet.
Dico un nome solo, il primo che mi viene in mente. Dico un nome solo, l’unico che esce dalle mie labbra senza disprezzo. Dico un nome solo, perchè lei è l’unica che per me ci sarà sempre.
- Eth, sei sicuro? I suoi ti hanno già detto di starle lontano se non ricordo male. Finisci davvero nei casini sto giro.
- Juliet.
Non riesco a dire altro e spero che Eddie ascolti quello che sto cercando di dire. Devo andare da lei.
Eddie mi carica in macchina e mi da una mano ad arrivare fino alla finestra della sua stanza.
- Vai.
- Sicuro?
- Vai.
Inizio a picchiare piano sperando di non svegliare i suoi genitori ma quando vedo che non mi risponde batto più forte.
Mi appoggio alla parete per non cadere a terra e finalmente sento la sua voce. La sua voce. È così musicale. Così unica. È lei, come in tutti quei giorni d’estate di quando eravamo bambini.
Lei, che mi ha fatto fare un sorriso il giorno in cui lui se n’è andato via. Lei, che ringrazierò a vita per non farmi sentire una persona così pessima.
Non mi ricordo come ho fatto ad arrivare al letto, non mi ricordo nulla. Mi ricordo di lei che si sdraia accanto a me. Mi ricordo che le mie mani l’hanno trovata fin troppo facilmente e lei ha sospirato di piacere. Mi ricordo che l’ho baciata, come sempre. E come sempre ho finto di non ricordare, lei si accontenta anche solo di questo.
Lei mi ama.
Io non rovinerò tutto.
***
-Ethan smettila.
Uno schiaffo che arriva potente ma fa molto più male al cuore che alla guancia.
- Se n’è andato. Basta, calmati.
E poi un abbraccio. No, io non ci sto. Non dopo questo schiaffo, non dopo tutte queste bugie.
Papà ma dove sei andato? Perché non mi hai portato con te?
Le lacrime di un bambino. Le lacrime che non sono dovute ad un giocattolo o ad una ferita. Lacrime che lasciano solchi profondi nell’anima.
Corro, corro fino a non sentire aria nei polmoni. Corro perché voglio sentirmi la morte dentro. Corro perché spero di raggiungerti, ovunque tu sia.
Papà.
Papà.
Un passo, poi un altro.
Papà.
Urlo, urlo fuori tutto e poi le lacrime ancora. Lacrime, ma nessuno si ferma. Nessuno mi chiede nulla. Nessuno mi aiuta.
Papà sono solo senza di te.
Papà.
Papà.
Papà perché mi fai questo?
Perché?
Ti prego, farò il bravo.
Farò qualunque cosa ma torna, torna da me se non vuoi tornare per la mamma.
Torna per quel bambino che ha nella sua pancia.
Torna per venire a vedermi al campo da calcio.
Torna perché ho bisogno di te. Io non sono un uomo.
Mi siedo e non riesco a cacciare le lacrime dentro di nuovo.
Una bambina con un vestitino a fiori blu e bianco si ferma a guardarmi. Ha gli occhi marroni. Ha gli occhi strani, curiosi, tristi.
Senza motivo faccio un sorriso.
Un sorriso nel giorno più brutto di tutta la mia vita.

Un sorriso che le porgerò tutti i giorni, per pagare il mio debito.

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