Juliet
Mia madre mi scuote e mi continua a ripetere che è ora di
alzarsi. Avrò dormito un’ora mamma, non farmi questo.
La spingo via con le mani sussurrando “ancora cinque
minuti”. Lo sappiamo sia io che lei che non sono mai solo cinque minuti ma mi
lascia stare. Va in cucina a preparare la colazione e quando sento il profumo
del caffè sono finalmente pronta ad alzarmi.
Faccio i primi passi con calma stropicciandomi gli occhi ma
poi mi cade lo sguardo sull’orologio e inizio a correre verso la cucina. Afferro
una brioche e la inghiotto senza degnare d’attenzione mia madre che ha messo le
mani sui fianchi e mi guarda storta.
- Sc..scusa.
Boccheggio mangiando e lei alza gli occhi al cielo e mi
versa il caffè.
Lo bevo bruciandomi la lingua e poi salgo in camera facendo
due scalini per volta. Sono in ritardo. Perché sono sempre in ritardo?
Parlo sul serio. C’è una qualche legge fisica che mi fa
sempre arrivare in ritardo?
Mi vesto senza pensare a cosa sto indossando e quando mi
guardo allo specchio mi accorgo di essermi messa la maglietta rovescia. La giro
subito e mi passo le mani fra i capelli per pettinarli un po’. Perfetto.
Afferro lo zaino nero che mi hanno regalato i miei per il
mio decimo compleanno e ci rovescio dentro tutti i libri che dovrebbero
servirmi per la giornata. Come al solito non si chiude e allora devo tirare
fuori tutti i libri e infilarli dentro con ordine.
Corro giù per le scale e mi trovo davanti mio fratello in
pigiama.
- Sei in ritardo o sbaglio?
Non c’è accusa nella sua voce, solo una semplice curiosità.
- Già.
- Vuoi un passaggio?
Sto per ringraziarlo e dirgli di si, quando scorgo dalla
finestra un’auto parcheggiata sul nostro vialetto. Un’auto inconfondibile.
Mio fratello segue il mio sguardo e capisce.
- Andate a scuola vero?
- No, andiamo in un locale vietato ai minorenni ma non
preoccuparti Ethan ha i documenti falsi.
Gli do un bacio sulla guancia e mi affretto verso l’uscita.
Sto aprendo la porta quando la voce di mio fratello mi fa
fermare e fare un sorriso.
- Scherzavi vero?!
- Si, Eric. Non preoccuparti per me.
- Come se potessi non farlo sorellina.
Sorellina. Non sono una bambina Eric. Sapessi tutte le
cavolate che faccio. Anzi, meglio che tu non lo sappia, probabilmente saresti
deluso da me. O forse no, forse saresti disgustato.
Ethan è seduto in macchina con lo sguardo fisso fuori dal
finestrino e lo so già senza il bisogno di guardarlo negli occhi che qualcosa
non va’. Lo so già che oggi è una di quelle giornate in cui lui vuole stare
solo e solo soltanto. Ma a me hanno insegnato che quando si soffre si sta
meglio in due, non per buttarsi giù con l’altro e fargli vedere che non è
l’unico a soffrire ma per tirarlo su di peso e fargli capire che la vita può
sempre sorridere.
La mattina tutti si alzano perché la sera nessuno riesce ad
addormentarsi soddisfatto totalmente di sé. La sera c’è sempre qualcosa che ci
tiene svegli due minuti, un pensiero, una parola, una canzone e in un lampo
sappiamo che domani dovremmo trovare del tempo per quella nuova idea.
Busso piano al finestrino prima di aprire la portiera e
sedermi. Lui si volta sobbalzando e noto i suoi occhi arrossati.
È andato a trovare Stefano.
Solo lui riesce a farlo star così male e così bene allo
stesso tempo. I suoi occhi tornano in vita quando è con il suo amico, arrossati
e bagnati ma vivi.
Lo abbraccio di slancio, senza dargli il tempo di tirarsi
indietro e lui appoggia dolcemente la sua fronte sulla mia spalla e si stringe
a me prendendosi un po’ della mia forza.
Te la cedo anche tutta amore. Puoi prenderti tutto di me, promesso.
Ma oggi ho deciso che ti dirò tutto. Oggi sarò sincera. Non
posso continuare a nascondere il cuore e i suoi battiti e andrà come deve
andare.
Al destino non ci credo, credo nel momento, nell’attimo.
Come quando i professori a fine anno fanno le medie e dicono
“deciderà il consiglio” e io vorrei rispondere loro che il consiglio non c’è
mai in classe durante le sue lezioni. Vorrei ricordargli che qualche giorno
prima mi aveva messo un bel più sul registro e che alla fine del primo
quadrimestre aveva buttato via mezzo voto perché è il primo quadrimestre e
allora si va verso il basso.
Ecco nella vita c’è il qui e adesso. E forse è ingiusto o
forse è giusto. Non lo so e non lo voglio sapere, oggi non voglio sapere nulla.
Oggi voglio solo domandare.
- Dobbiamo parlare.
E lo sanno tutti che quando si è in due e vengono fuori
quelle due parole si tratta dell’amore o del tradimento. È la fine o l’inizio.
Lo sono anche per noi. La fine o l’inizio. Sta a te decidere
Ethan.
- Oggi no, non ce la faccio Juls.
- Ce la fai
Ethan. Ho bisogno io di te per una volta.
Lui si gira dall’altra parte e sbuffa.
- Non credi di dovermi almeno due minuti del tuo tempo?
- Si – e lo ammette, non lo valuta.
- Andiamo da qualche parte dove possiamo stare soli.
Ethan non dice nulla, non fa una smorfia, infila la chiave e
inizia a guidare. Guardo fuori dal finestrino e penso che sì, la mia città è
bella. Piccola e chiusa. Stupida e irrazionale. Scontrosa e dolce.
Le colline, la montagna e il mare. C’è tutto qui, ed è una
mezza bugia ma fa lo stesso.
C’è Ethan, c’è tutto qui. C’è la mia famiglia, mio fratello,
spesso ma non sempre. Ecco, ora sono più sincera.
Parcheggia davanti al parco e penso che sia giusto in fondo
che ci ritroviamo a parlare di noi proprio dove ci siamo conosciuti la prima
volta.
Andrà come deve andare ma io ho paura e allora cammino
veloce e poi mi siedo sulla prima panchina e lui mi chiede di camminare un
altro po’ ma io non ce la faccio. Io devo dirglielo subito prima che mi
dimentichi di me e pensi a far contento lui.
Ethan si siede vicino a me e io, dopo un respiro profondo,
inizio a parlare.
- Ethan, io credo.. ecco, io…
Mi porto le ginocchia al petto e distolgo il suo sguardo,
guardo davanti a me e rivedo noi da bambini sull’altalena. Rivedo lui che mi
spingeva più forte e mi prometteva che se mai fossi caduta ci sarebbe stato.
Ci sarai anche questa volta?
- Io ti…
Ma le parole mi si bloccano in gola quando vedo Ethan girato
verso una coppia non troppo distante da noi. Guardo bene in quella direzione e
con sorpresa noto che la ragazza è la stessa con cui aveva parlato ieri sera,
la mora mozzafiato.
Vedo il ragazzo che la strattona per un braccio e non riesco
a sentire ciò che lei dice ma sono sicura che non sia nulla di carino.
Ethan si alza di slancio senza guardarmi, senza uno “scusa”.
Non c’è nessun torno subito nei suoi gesti. E lo so che lui, da me, non tornerà
più.
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